Quella tempra tenace di padre con le radici nella sua Gandino

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Data pubblicazione: 

18/06/2016
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Monsignor Gelmi a Gandino insieme a monsignor Eugenio Coter

In paese l’affetto profondo per  il sacerdote sempre a servizio  alla comunità. Oggi l’arrivo  della salma, lunedì i funerali La comunità parrocchiale di Gandino ha sempre riservato un affetto profondo per il vescovo monsignor Angelo Gelmi, per tutti sempre e semplicemente Padre Angelo.

Era nato in paese nel 1938, in contrada Cima Castello, secondo di quattro fratelli. A Gandino vivono Maria e Luigi, in Francia la sorella più giovane Graziella e una serie di parenti e nipoti. Dopo il Seminario, era stato ordinato sacerdote a 30 anni, il 28 giugno 1968, ed il giorno successivo aveva celebrato la prima Messa a Gandino. Legato al Patronato San Vincenzo, seguì presto don Bepo Vavassori in Bolivia. Padre Angelo aveva portato sulle Ande non soltanto la sua tempra tenace e un indomito spirito di servitore del Vangelo, ma anche (e non soltanto in senso figurato) dell’intera comunità. Negli anni lil sostegno ai progetti pastorali che instancabile avviava in terra sudamericana si sono moltiplicati con l’impegno di tanti volontari in Bolivia e quello incessante di familiari, parrocchia e Gruppo Missionario in paese.
La Ciudad del Nino a Cochabamba, le parrocchie delle montagne della regione di Sacaba, l’Internado di Tapacarì, la struttura sociale di Titagallo e tanti altri luoghi cari alla sua missione erano «luoghi del cuore» per tutti i gandinesi. La sua passione era esemplare, impossibile per tutti non seguirlo, nel suo essere prete capace di misericordia infinita. Ad inserirsi nel solco da lui tracciato sono anche le esperienze di monsignor Eugenio Coter, già curato all’oratorio di Gandino e oggi vescovo del Pando in Bolivia, quella di don Andrea Mazzoleni, oggi parroco a Munaypata alla periferia di La Paz e pure curato a Gandino, e di don Alessandro Manenti, oggi a Santa Cruz de la Sierra. Rimanendo profondamente gandinese era diventato profondamente boliviano. Parlava correttamente la lingua quechua degli andini e con loro stabiliva una fattiva sintonia che apriva la strada alle opere di Dio.

Era difficile rallentarne l’impegno cocciuto per i suoi campesinos, che al momento dei saluti in Bolivia qualche anno fa non avevano mancato di trascinarlo nelle danze, nonostante fosse fresco reduce da un brutto incidente. «Ne ho apprezzato la grande umanità – racconta don Innocente Chiodi, parroco di Gandino – e dove non potevano le parole, arrivano gli sguardi e le pacche di incoraggiamento. Le parole di Papa Francesco che legano il pastore e le sue pecore, trovano esempio concreto proprio nella figura di monsignor Gelmi. Due giorni fa l’avevo incontrato per l’ultima volta ed aveva ricevuto l’unzione degli infermi». In età giovanile in Bolivia, monsignor Gelmi si era confermato ottimo apinista ed aveva salito le cime più impegnative della Cordillera Real.
Aveva completato la via italiana nord est sul Machizo Ancohuma (6.427 m), la direttissima sulla sud del Condoriri (mt. 5.700) e la parete nord dell’Illimani (mt. 6490). La notizia della morte di monsignor Gelmi si è diffusa nella tarda serata all’oratorio di Gandino, dove è in corso la tradizionale festa. Incredulità e commozione hanno toccato tutti i presenti. Cordoglio è stato espresso anche dal sindaco Elio Castelli a nome dell’amministrazione comunale.

La salma di padre Angelo giungerà a Gandino nella tarda mattinata di oggi. La camera ardente sarà allestita nel salone Maconi del Centro Pastorale di via Bettera, a pochi passi dalla Basilica, dove lunedì saranno celebrati i funerali.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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