Sintesi

La geologia afferma che in epoche remote la vallata costituì un bacino lacustre che vuotatosi per la rottura degli argini naturali della valle, lasciò un sottosuolo ricco di fossili e un terreno adatto all’agricoltura. Come un'ipotesi legata alle origini celtiche del toponimo attesterebbe, il nucleo fu forse antropizzato già in epoca pre-italica. Il territorio fece parte dell’Impero Romano(250 a.C – 476 d.c). Dopo la caduta dell’impero romano fu un susseguirsi di invasioni barbariche. Ricordiamo i Longobardi, dei quali, troviamo ancora impronte vive negli usi e e costumi locali, oltre che nell’idioma.

Gandino è uno dei centri più importanti della Val Seriana. Una prima notizia archivistica certa risale al famoso Codex Diplomaticus del Lupi, anno di grazia 830 d.C., quando il vescovo di Bergamo cede questo territorio alla pieve di Santa Maria del Nembro che vantava, così, diritti patrimoniali in tutta la valle.

Nel IX secolo l'autorità ecclesiastica è strutturata come una colonna portante dell'Impero carolingio; abati e vescovi erano, infatti, proprietari di immensi patrimoni sui quali vigeva l'immunità, rispetto ai funzionari pubblici; tale personale religioso era, tuttavia, sempre considerato sottoposto all'imperatore.

L'imperatore, infatti, in caso di necessità poteva ricorrere al demanio ecclesistico. La chiesa dipendeva da una pieve in quanto quest'ultima era il centro ecclesiastico ed amministrativo più importante.

Il ruolo di capo-pieve della parrocchia di San Martino viene evidenziato in un altro documento, una permuta dell’anno 909, che ci informa del ruolo coperto dall'arcidiacono Gramoaldo, messo del vescovo Adalberto; l'autorità degli arcidiaconi raggiunse l'apice nei secoli XI e XII, ed era equiparabile a quello del vescovo, coprendo importanti funzioni giurisdizionali e presiedendo collegi giudicanti relativi alle dispute territoriali della loro pieve di riferimento. Lo stesso Adalberto è una figura centrale nella politica orobica del X secolo; questi era strettamente legato a Gisalberto che venne fatto conte palatino, Comes sacri Palacii, grazie alle sue amicizie influenti come quella con Ugo di Provenza e trasformò la contea di Bergamo da semplice entità amministrativa soggetta all'Imperatore in struttura a carattere patrimoniale ed ereditario, con notevoli margini di autonomia rispetto al potere imperiale.

Nel 992 il Vescovo di Bergamo infeuda Gandino ai Ficeni, una importante famiglia patrizia locale. Nella nostra località i traffici prosperano: il paese si affranca dall'ultimo feudatario, Arpinello Ficeni, già nel 1233. Nell'archivio del Salone della Valle (oggi sede del Consiglio Comunale) si conserva la Pergamena originale (lunga più di 7 metri) dove sono scritte tutte le procedure e i pagamenti per la Emancipazione del Paese dai Feudatari.

Nella località impazzano le lotte fra Guelfi e Ghibellini; si approfittano della situazione i Visconti di Milano che intervengo e sottopongono alla loro autorità la val Gandino, verso la metà del XIV secolo. Sotto i Visconti, Gandino si vede confermare i privilegi e l'autonomia conquistati con l'affrancamento dai vincoli feudali.

Nel XV secolo il bergamasco è al centro di dispute territoriali fra le principali forze politiche del tempo, Venezia e Milano.

I Malatesta conquistano la val Gandino nel 1407; il loro interregno è breve. Nel 1428 la Repubblica di Venezia si impossessa della parte orientale della Lombardia, ma già un anno prima Gandino aveva scelto da che parte stare sottomettendosi spontaneamente all'autorità della Serenissima.

Nel 1437 i Visconti, con Filippo Maria, riprovano a riprendersi Bergamo e le sue valli, ma Bartolomeo Colleoni, al servizio della Serenissima, sbaraglia l'attacco visconteo vibrato dal comandante Niccolò Piccinini.

Il doge Foscari per ripagare i gandinesi della loro fedeltà conferma e aumenta i privilegi accordati al comune; con il borgo c'erano solidi accordi commerciali, soprattutto grazie all'importante manifattura laniera che si era sviluppata nella val Gandino.

L'origine della manifattura era molto antica: grazie alle politiche mercantili con Venezia la famosa pezza di tinta scarlatta si era imposta sui mercati internazionali e già nel 1445 la produzione era stata disciplinata dagli Statuta et ordiamenta Comunis et hominum de Gandino. Con lo sviluppo industriale, nell'epoca degli opifici ad energia idraulica, lanifici moderni si diffondono per tutto il territorio e raggiungono picchi produttivi di assoluto prestigio con indici occupazionali ragguardevoli: buona parte della popolazione delle valli limitrofe era occupata nelle manifatture della val Gandino.

All'inizio del Cinquecento, la Lombardia cade vittima delle grandi monarchie nazionali straniere che puntano a sottomettere le particolari entità politiche dell'Italia Settentrionale. Prima è il momento dei Francesi, nel 1509. Poi, dopo la Lega di Cambrai, promossa dalle potenze europee contro la Serenissima, si afferma a Gandino il dominio incontrastato della monarchia Spagnola, nel 1513. Dominio confermato con la vittoria di Pavia da parte di Carlo V, nel 1535, su tutta la Lombardia, dopo il breve ritorno di Venezia e Massimiliano I D'Asbugo (1515-16).

La dominazione straniera strozza l'economia del comune: Gandino deve pagare 32.000 ducati agli spagnoli per evitare il saccheggio e ingenti tasse.

Il potenziale industriale e manifatturiero rinvigorirà l'economia locale nell'Ottocento e, soprattutto, con l'Unità d'Italia. Gandino è il paese dove sono state tinte le Camice rosse di Garibaldi nel 1860 quando l'eroe dei due Mondi partì con la spedizione dei Mille alla volta della Sicilia. Nel 1632 in località "Clusvene" viene piantato il primo mais in Lombardia e di conseguenza dove venne probabilmente fatta la prima polenta. 

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Ultima modifica: 

16-04-2015